di Luigi Asero
Mancano ancora 39 giorni alla chiusura della campagna elettorale per le elezioni politiche del 4 marzo. Ne stiamo sentendo una dietro l’altra tra flat tax e rilancio dei consumi, tra disoccupazione scesa ai minimi storici (ma dove e quando?) e improbabili discorsi sulla razza e su soluzioni ai problemi del Paese.
Ci manca ancora, temiamo diventi la “chicca” dei prossimi giorni, la “bufala” del ponte sullo Stretto. La ripetitività della politica sta forse riservandosi l’asso nella manica o finalmente ci si rende conto che non attira più?
Di certo la situazione del Paese è a un così basso livello che forse nemmeno serve più far promesse roboanti come la sempre promessa (e disattesa) proposta del più lungo ponte a unica campata della storia. O forse, semplicemente, nella baraonda elettorale in cui le singole coalizioni hanno addirittura diversi candidati premier (ennesima bufala del politichese) non c’è più necessità di proporre opere a chi, si è visto qualche tempo fa, cede in cambio di miseri ottanta euro.
Tra la proposta, apparentemente interessante, di una flat tax al 23% unica per tutti (e forse anti costituzionale mancando il requisito della progressività impositiva in base al reddito, proposta comunque perfezionabile in tal senso) e la necessità di non rompere l’equilibrio stabilito con l’Europa sul rapporto deficit-Pil e la proposta di un reddito di cittadinanza per quanti sembrano emarginati rispetto al sistema economico, tra le indecisioni anche in casa pentastellata e la voglia di togliere tasse e balzelli da parte proprio di chi li ha prima imposti, cosa non nuova in verità in questa povera Italia, l’unica certezza che si fa strada è che l’astensionismo sarà -ancora una volta- il vero vincitore di questa competizione elettorale.
La mancanza di programmazione appare l’unico punto in comune fra tutte le parti in campo. Tante, tantissime, ben 104 le liste presentate. Poche, e volatili, proposte e tanti attacchi a ciò che gli altri dicono e sono.
Con queste condizioni poco probabile appare la futura governabilità del Paese laddove nessuna coalizione sembra avere la capacità di superare il 40%. Insomma, sebbene le opinioni siano contrastanti, ci vien da sperare che se anche non si parli più di “ponte sullo Stretto” non sparisca anche il ponte verso il futuro.